Pensate per un attimo ai vostri ultimi progetti di marketing e comunicazione, alle vostre settimane trascorse analizzando mercato e consumatori, pianificando le vostre strategie con precisione chirurgica ed cercando di valutare ogni possibile aspetto che possa vanificare l’efficacia delle vostre attività e dei vostri budget spesi. Se avete accumulato un po’ di esperienza nel vostro settore avrete sicuramente una conoscenza tale che vi permetterà di muovervi senza troppi rischi, eppure circa il 40% delle strategie di marketing continua a non portare i risultati sperati e spesso il perché è dovuto proprio ai metodi di analisi che si adoperano.

Per decenni infatti il mondo del marketing ha basato le proprie strategie sulle ricerche di mercato qualitative e quantitative come focus group, osservazioni partecipate, area test, interviste, questionari individuali, desk research, product test e così via, cercando di prevedere l’efficacia delle proprie attività. Questi strumenti di analisi hanno però dimostrato i loro limiti e per rendercene conto riprendiamo un esempio che ha ormai fatto la storia del marketing.

sigaretta

Anche il nostro Paese ha recepito la direttiva europea in materia di tabacco e recentemente sono arrivate le immagini choc anche sui nostri pacchetti di sigarette. Questa strategia per contrastare il fumo si basa su diversi studi spesso condotti tramite focus group in cui venivano mostrate immagini terrificanti e dal forte impatto a gruppi di fumatori volontari. La maggioranza di loro ha affermato che quelle foto suscitavano ribrezzo nei confronti delle bionde e incitavano loro a smettere di fumare. Detto fatto, quelle immagini sono arrivate sulle sigarette.

In un successivo studio iniziato nel 2004 e durato ben tre anni coinvolgendo 2081 fumatori in tutto il mondo, oltre duecento ricercatori, dieci docenti e la supervisione di un comitato etico, è stato scoperto qualcosa di inatteso. L’equipe di ricerca guidata dalla dottoressa Gemma Calvert e dal professor Richard Silberstein, ha mostrato le immagini dissuasive ai partecipanti mentre venivano sottoposti a scansione cerebrale con risonanza magnetica funzionale (fMRI). Osservando il comportamento del cervello i ricercatori hanno scoperto che quelle immagini attivavano intensamente il nucleus accumbens, un’area del cervello detta il “centro del desiderio”. Non solo le foto choc non sortivano effetti reali sulla voglia di smettere di fumare, ma anzi stimolavano l’organismo ad accendersi un’altra sigaretta.

Se avete già letto questo blog in precedenza ormai saprete che il 95% delle decisioni umane vengono prese in maniera talmente veloce che risulta automatica e al di sotto della nostra soglia di coscienza, spesso generando un gap tra le intenzioni espresse razionalmente e il nostro comportamento effettivo. I metodi convenzionali di ricerca si basano sulle dichiarazioni espresse e a volte infatti non riescono a estrapolare tutte le variabili chiave che determinano il processo decisionale.

focus_group

Anche il nostro Paese ha recepito la direttiva europea in materia di tabacco e recentemente sono arrivate le immagini choc anche sui nostri pacchetti di sigarette. Questa strategia per contrastare il fumo si basa su diversi studi spesso condotti tramite focus group in cui venivano mostrate immagini terrificanti e dal forte impatto a gruppi di fumatori volontari. La maggioranza di loro ha affermato che quelle foto suscitavano ribrezzo nei confronti delle bionde e incitavano loro a smettere di fumare. Detto fatto, quelle immagini sono arrivate sulle sigarette.

In un successivo studio iniziato nel 2004 e durato ben tre anni coinvolgendo 2081 fumatori in tutto il mondo, oltre duecento ricercatori, dieci docenti e la supervisione di un comitato etico, è stato scoperto qualcosa di inatteso. L’equipe di ricerca guidata dalla dottoressa Gemma Calvert e dal professor Richard Silberstein, ha mostrato le immagini dissuasive ai partecipanti mentre venivano sottoposti a scansione cerebrale con risonanza magnetica funzionale (fMRI). Osservando il comportamento del cervello i ricercatori hanno scoperto che quelle immagini attivavano intensamente il nucleus accumbens, un’area del cervello detta il “centro del desiderio”. Non solo le foto choc non sortivano effetti reali sulla voglia di smettere di fumare, ma anzi stimolavano l’organismo ad accendersi un’altra sigaretta.

Se avete già letto questo blog in precedenza ormai saprete che il 95% delle decisioni umane vengono prese in maniera talmente veloce che risulta automatica e al di sotto della nostra soglia di coscienza, spesso generando un gap tra le intenzioni espresse razionalmente e il nostro comportamento effettivo. I metodi convenzionali di ricerca si basano sulle dichiarazioni espresse e a volte infatti non riescono a estrapolare tutte le variabili chiave che determinano il processo decisionale.

Fonti
Neuromarketing for DummiesVerilliance.