Negli anni Sessanta, Paul Watzlawick e gli studiosi della scuola di Palo Alto partivano da un assunto: non si può non comunicare. Nel 2018, potremmo adattarlo in “non si può non produrre dati”.

La comunicazione vive di dati: da quando il mondo dell’interazione si è spostato prevalentemente verso il digitale, è diventato possibile analizzare il comportamento dei consumatori e degli utenti anche dal punto di vista numerico, aprendo prospettive nuove a chi si occupa di comunicazione.

Da utenti non ci soffermiamo a pensare al quantitativo di dati che produciamo quotidianamente durante la nostra vita online, tra ricerche su Google e interazione sui social. Scriviamo un tweet sulle ultime notizie di attualità, poi ci distraiamo su YouTube con quel video così carino da volerlo condividere su Facebook, mentre ascoltiamo Spotify in sottofondo e rispondiamo a mail dall’account privato. Alla sera c’è tempo per Netflix, per la lettura di qualche quotidiano, per una conversazione Whatsapp con gli amici.

Sono tutte azioni quotidiane, applicazioni a portata di tap ormai entrate nella nostra routine al punto da eseguirle in automatico.

I comportamenti di tutti noi si sono evoluti profondamente nel tempo, con una accelerazione dovuta alla maggior diffusione di smartphone e accessi veloci alla rete.

E i dati davvero non dormono mai: il loro utilizzo è consolidato e ne produciamo sempre di più. La fame di app e servizi online cresce, e si traduce in moltissime ore spese in rete, che a loro volta producono miliardi di dati. Se nel 2012 gli utenti attivi della rete erano circa 2.2 milioni, nel 2017 abbiamo raggiunto i 3.8 miliardi: all’incirca del 48% della popolazione mondiale, quasi una persona su due.

Per capire le dimensioni del fenomeno, le infografiche ci vengono in aiuto; abbiamo dato un’occhiata in particolare al sesto report di Domo, una compagnia di “cloud-based operating system for business”, intitolato eloquentemente “Data never sleep”.

Si tratta di un report in cui sono evidenziati gli insight sul comportamento online dei consumatori e in cui viene evidenziata la quantità di dati generati ogni minuto da alcune delle più importanti e influenti piattaforme digitali, tra cui Google, Facebook e Netflix, solo per citare tre tra le più conosciute. Sin dalla sua prima edizione, nel 2013, i dati raccolti nel report sono aumentati esponenzialmente e il trend non sembrerebbe destinato a diminuire. Inoltre, come si può leggere sul sito, la compagnia ha deciso per la prima volta di aumentare il raggio dei dati presentati nel report:  non più un semplice report – per quanto di altissima qualità – sui data di tutto il mondo, ma ha aggiunto le “istantanee” di applicazioni e piattaforme collegate a sei delle principali settori a livello mondiale, come Servizi finanziari, Media, Retail, Social media, Tecnologia e Viaggi.

Durante il 2017, i video e le immagini l’hanno fatta da padrone: tra i social più utilizzati troviamo Snapchat e Instagram (la condivisione di immagini al minuto è aumentata rispettivamente del 294% e del 5,65% in proporzione allo scorso anno), mentre Netflix ha aumentato le ore di visualizzazione del 40%. Gli americani hanno aumentato il loro consumo di Internet data del 18% dal 2017.

Come sostiene Josh James, fondatore e CEO di Domo: “I dati sono la linfa vitale per le aziende e per i consumatori e i nostri report, Data Never Sleeps, evidenziano quali dati sono importanti per la nostra vita quotidiana. Capire le storie che i dati ci raccontano sulle persone può aiutarci a collaborare, comunicare e rendere più facile creare qualcosa di buono per gli altri e per le nostre organizzazioni.”

L’era dei dati è nel suo momento di massimo splendore e chi si occupa di marketing deve ormai saperli gestire molto bene, sia per tutelare al meglio gli utenti sia creare contenuti sempre attraenti per il pubblico.

Ma i numeri sono davvero tutto? Forse no: per quanto la loro importanza sia innegabile, anche altri strumenti possono aiutare a comprendere meglio i comportamenti umani, dei nostri consumatori e dei nostri clienti: ad esempio il neuromarketing, con il suo background di dati e scienza umana, ci permette di capire nel miglior modo possibile i pensieri del nostro consumatore, in cui non sempre la razionalità è dominante.

Il report originale può essere scaricato qui, sul sito di Domo.